SOMMARIO
Le origini
Il sito ove era il casale di Cigliano, sorto probabilmente su un preesistente insediamento di età romana, come suggerito dalla onomastica in -ano e attestato dai molti resti archeologici (relativi probabilmente ad una struttura del tipo della villa rustica) rinvenibili in situ. (In basso) I resti del casale di San Pietro di Galeasi (Grottaglie), gravitante intorno alla omonima chiesa rupestre. La profondità del taglio in seno al bancone tufaceo dimostra la continuità fra la cultura abitativa rupestre e quella sub divo.
La struttura insediativa medievale del territorio di Taranto si manifesta marcatamente differenziata in due settori. In quello orientale rimase caratterizzata da una fitta rete di casali, nuclei insediativi di piccole dimensioni (abitati per lo più da poche decine di abitanti), accentrati ma privi di elementi di fortificazione, come mura o castelli. L'insediamento rurale sparso una volta prevalente e diffuso su ampie superfici, in continuità o meno con il casale, iniziò a scemare, data la tendenza nel lungo periodo verso il progressivo concentramento dell'habitat. Pur semplificato, comunque tale assetto del sistema persistette anche in Età Moderna.
Nel settore occidentale, al contrario, al popolamento diffuso altomedievale fece seguito un più spinto accentramento sotto forma di incastellamento, che condusse alla creazione di un sistema a maglie molto larghe, centrato su pochi e grossi borghi fortificati (come Massafra, Palagianello, Mottola e Castellaneta).
Il numero di questi insediamenti era una volta molto elevato, ma solo pochi di questi casali sono sopravvissuti alle vicende storiche: ancora alla metà del '400, quando peraltro era già in atto il processo inverso di spopolamento delle campagne, il territorio di Taranto ospitava ben 27 centri abitati, di cui solo 14 si sono mantenuti (ed alcuni anche incostantemente) abitati nei secoli successivi, mentre tre (Statte, Crispiano e San Simone), dopo un lungo periodo di abbandono, sono tornati a ripopolarsi solo nel corso dell'800.
In molti casi l'origine dei casali rimonta all'alto Medio Evo, se non al Tardo-Antico, ponendosi quindi come terminale evolutivo di un processo esordito con la crisi delle villae rusticae e, soprattutto, con la rinascita della rete vicanico-paganica. Tale sembra l'origine di quei centri abitati coincidenti con prediali romani, terminanti cioè in -ano (Pulsano, Leporano, Lizzano, Faggiano, fra gli altri).
Strutture con funzione di trait d'union fra il sistema tardoantico e quello medievale potrebbero essere stati i choria bizantini e le curtes longobarde, di cui però non esistono attestazioni documentarie relative al Tarantino.
La scelta dei siti avveniva naturalmente sulla base di precisi calcoli, rimanendo preferiti quelli meglio difendibili e posti lungo le principali direttrici stradali.
Anche molte chiese rurali svolsero probabilmente una importantissima funzione di polarizzazione nei riguardi di una popolazione rurale in perenne spostamento, promuovendo in tal modo, in caso di sedentarizzazione ottenuta, la successiva nascita di centri abitati organizzati. Tale sembra essere l'origine dei molti casali indicati con agiotoponimi.
Molto spesso la fondazione di un casale derivava da un impegno diretto degli enti religiosi, dei monaci, greci (i cosiddetti basiliani) prima, Benedettini poi, che molto hanno contribuito alla rivitalizzazione insediativa e produttiva delle campagne.
Tracce di un casale medievale nel territorio di Faggiano (località Sant'Isidoro): frammento di ceramica invetriata, una cisterna, il basamento di un'abitazione, una tomba.
L'evoluzione
L'affermazione della rete dei casali rispondeva alle peculiari modalità che connotarono in tutto il Mezzogiorno il più generale moto di ricostruzione e crescita in atto nei secoli successivi al Mille. A spingere la popolazione rurale a concentrarsi in abitati ben definiti fu sia il sistema feudale, che in tal maniera mirava a realizzare un più capillare e pervasivo controllo sulle attività dei vassalli, sia la Chiesa istituzionale, che mediante il rafforzamento della rete delle parrocchie mirava ad imporre sul territorio un parallelo sistema di controllo sugli uomini. Tale laborioso processo può dirsi compiuto nel Tarantino solo alla fine del Medioevo, ma mantenne un carattere incompleto ed instabile, derivante dalla stessa natura e dalla funzione territoriale svolta dai casali, esposti come erano, in prima persona, agli eventi congiunturali ed ai destini politici del signore del luogo. La vita dei minori di essi, quindi (ad esempio Montemesola, Pulsano, Torricella e Monacizzo), fu contrassegnata (sino ad Età Moderna inoltrata) da fasi di abbandono e di ripopolamento.
Il basamento delle abitazioni del casale di Casalpiccolo, l'ultimo muro del casale di Salete, ed una grande casa-grotta nella Lama del Fullonese testimoniano del drammatico trasferimento dei rispettivi abitanti avvenuto alla fine del Duecento per volere dell'allora arcivescovo di Taranto, nonché barone di Grottaglie, all'interno della quale i profughi trovarono accoglienza.
Il rafforzamento di un casale dipendeva molto da iniziative politiche, come la concessione da parte dell'autorità pubblica in favore del suo possessore (e dei suoi abitanti per proprietà transitiva) di esenzioni e di privilegi; in particolare vi contribuì la concessione della facoltà (il cosiddetto jus affidae) di accogliere all'interno della comunità in formazione avventizi, emarginati e fuggitivi. Spesso il concentramento accompagnava l'infeudazione e l'incastellamento del centro abitato. Questo avvenimento elevava il casale dal ruolo di semplice punto di raccordo di interessi fondiari della proprietà signorile, ad autonomo centro di attività politica locale. Ciò coincideva, in genere, anche con lo sviluppo al suo interno di una più o meno articolata compagine sociale e di strutture amministrative; a ciò concorse soprattutto la politica angioina, alla quale si deve la nascita delle Università come strutture amministrative e rappresentative al tempo stesso del corpo sociale. La crescente coscienza e la forza che la nuova condizione conferiva alla popolazione del casale venivano ben presto tradotte nella rivendicazione di un proprio territorio e di maggiore autonomia rispetto alla città, che mirava invece a scaricare sui centri del contado la gran parte del peso fiscale ed ad imporre la propria giurisdizione su ambiti territoriali ormai superati. Quei casali che, già ad iniziare dal tardo Medioevo, si munirono di una propria cinta di mura assunsero la denominazione di terre, e così venivano chiamate Martina, Grottaglie, Leporano e Pulsano. Oltre ai casalia ed alle terrae, la nomenclatura insediativa comprendeva anche le civitates, cioè i centri abitati sede episcopale (così erano denominate Mottola e Castellaneta).
I casali e la Rivoluzione Agricola Medievale
L'età d'oro dei casali coincide quindi con i secoli centrali del Medio Evo, quelli immediatamente precedenti e seguenti il Mille.
I casali e l'insediamento sparso furono, sulla scia di un costante incremento demografico, i propulsori di quel diffuso processo di ristrutturazione del paesaggio agrario, noto come Rivoluzione Agricola, che caratterizza i primi secoli successivi al Mille.
La loro capillare diffusione consentì l'ampliamento delle tradizionali colture intensive (la vite e gli orti), la sistemazione di una complessa rete viaria e di un articolato sistema di delimitazioni agrarie e la colonizzazione di aree che da secoli giacevano in stato di abbandono.
La tendenza tardomedievale alla creazione di un sistema più accentrato ed arroccato si tradusse in precaria colonizzazione di aree pure particolarmente avvantaggiate dalla presenza di acqua irrigua, come era il caso di tutta l'area litoranea e paralitoranea del Tarantino, ove finì con il prevalere la piaga del latifondo cerealicolo-pastorale.
La fortuna
La storia di ogni casale è contraddistinta da una serie di abbandoni e di ripopolamenti, causati dal periodico succedersi di guerre, ruberie e devastazioni. Ciononostante il sistema dei casali fu quello che si impose nel seguito della storia territoriale del Tarantino, dimostrandosi pienamente funzionale al sistema economico-sociale che vi si instaurò a seguito della introduzione del sistema feudale, avvenuto con la conquista normanna.
Le chiese di Santa Maria di Pasano (Sava, in alto) e di Santa Maria di Bagnolo (Manduria, in basso) sorgono sul sito degli omonimi casali medievali, abbandonati nel corso della crisi agraria trecentesca. Le popolazioni locali hanno mantenuto, tuttavia, vivo il loro ricordo con una ininterrotta (per la prima) frequentazione cultuale.
Essenziale strumento per la colonizzazione stabile, e quindi per la produttività, delle terre rimaste nella disponibilità del signore (la cosiddetta riserva signorile), il casale costituiva una struttura molto più flessibile rispetto al centro fortificato (castrum-castellum). In effetti chiedeva scarsi mezzi finanziari di investimento da parte del barone ed era al tempo stesso facilmente riedificabile subito dopo un episodio distruttivo, essendo in genere sufficiente richiamare persone che provvedevano da sole alla costruzione delle proprie abitazioni; inoltre la semplice organizzazione sociale vigente al suo interno raramente consentiva il sorgere, al suo interno, di qualche forma di potere antagonista.
I rapporti con la città
I casali compresi all'interno del territorio di Taranto erano legati alla città da intimi rapporti di natura economica, sociale e tributaria, per essere sede dei tribunali, di fiere e mercati di grande richiamo nonché residenza dei titolari delle signorie terriere sparse nell'agro. In età angioina si impose una suddivisione del carico fiscale fra una quota spettante alla città ed una gravante sui casali, in genere fissata per il tramite di convenzioni. Tali legami, che facevano della città il costante riferimento della vita del territorio, avevano anche un corrispettivo fisico nella creazione di una rete stradale che prevedeva collegamenti diretti fra città ed ogni più recondito angolo abitato circostante. Gli oneri e la sudditanza erano però compensate, in parte, dalla contitolarità dei privilegi e dei diritti vantati dalla civitas, nonché la condivisione di consuetudini.
Con il costituirsi, all'interno dei maggiori centri del contado (in particolare in Martina Franca e in Grottaglie) di autonome élite sociali ed in genere di un nuovo spirito civico, sorsero, già alla fine del Medioevo, istanze tese al superamento di queste forme di soggezione. La forma più eclatante di queste rivendicazioni era rappresentata dalla pretesa di costituzione di un autonomo territorio, ritagliato all'interno di quello che era stato l'ambito giurisdizionale storico di Taranto, ed anche oltre. La debole rete di casali, per lo più di piccole dimensioni, dell'immediato Sud-Est tarantino mantenne invece nei confronti della città rapporti di dipendenza molto più evidenti, almeno sino al consolidarsi, con passaggio all'Età Moderna, anche al loro interno di un più determinato potere feudale, per lo più estraneo all'ambiente sociale urbano.
La concentrazione della popolazione rurale ebbe come riflesso anche la scomparsa delle sepolture rurali: i casali divennero al tempo stesso città dei vivi e dei morti. Qui in alto le tipiche sepolture medievali, a sezione trapezoidale. Quella di sinistra (rinvenuta in contrada Belvedere-Taranto) presenta anche un'appendice per il posizionamento del capo e sarebbe indice di maggiore arcaicità (altomedievale). Le sepolture a destra facevano parte dell'insediamento di Lonoce (Grottaglie).
Città o borghi rurali?
La rete dei casali e delle terre di Età Moderna si mostra, geograficamente, arroccata sui primi contrafforti, meglio difendibili, delle Murge Tarantine. Economicamente dominati dal potere feudale, attestato visivamente dalle sempre più magnificenti dimore baronali, talvolta anche il pre-potere episcopale aggravava ulteriormente il peso dei vincoli personali e reali degli abitanti. Nei centri maggiori, ove prese piede la complessificazione della compagine sociale, nacquero invariabilmente schieramenti contrapposti, fazioni che si contendevano il favore del feudatario o rappresentavano le istanze dell'Università. Nei centri minori, invece, il ricorrere delle crisi congiunturali mise in luce le contraddizioni intrinseche alla primitiva ratio che aveva ispirato la creazione dei casali: la loro precaria esistenza si accompagnò così all'espressione di una vita civile all'ombra del signore di turno.
L'Ottocento ed il Novecento hanno parzialmente sanato le diseguaglianze che dividevano gli insediamenti del Tarantino, accentuando ovunque quel processo di urbanizzazione, iniziato già nel corso dell'Età Moderna, che tende ad attribuire caratteristiche di agglomerato urbano anche a borghi dalle dimensioni troppo esigue per potersi definire correttamente città, in particolare Montemesola, Faggiano, Roccaforzata, Leporano e Pulsano, che poco hanno da invidiare, quanto a morfologia e funzioni urbane, ai centri di maggiori dimensioni.
Lo sviluppo dei casali medievali si accompagnò alla creazione di strutture sempre più complesse ed organizzate, come può evidenziarsi dall'analisi delle infrastrutture all'interno degli insediamenti rupestri. Qui le problematiche affatto peculiari poste dalla loro localizzazione furono superate con opere monumentali e di indubbia suggestione, anche se molte di esse hanno subito diversi rimaneggiamenti ed ulteriori adattamenti. Nelle immagini alcuni di questi manufatti, come pozzi luce, cisterne per la raccolta dell'acqua, scalinate monumentali e resti di terrazzamenti, nelle gravine di Grottaglie.
Riferimenti bibliografici
Coco P.: Cedularia Terrae Idronti 1378. Con note di geografia, demografia e paleontologia linguistica di Terra d'Otranto nei secoli XIII e XIV, Taranto, 1915.
Comba R: Le origini medievali dell'assetto insediativo moderno, in Storia d'Italia, Annali 8: Insediamenti e territorio, Torino 1985, pp. 347-404.
Filangeri R: La struttura degli insediamenti in Campania e in Puglia nei secoli XII-XIV, in Archivio Storico per le Province Napoletane, CIII (1985), pp. 61-85.
Klapisch-Zuber C: Villaggi abbandonati ed emigrazioni interne, in Storia d'Italia 5: I Documenti, Torino 1973 pp 311-357.
Martin J.M.: La Pouille du VI au XII siècle, Roma, 1993.
Poso C.D.: Il Salento normanno, Galatina, 1988.
Idem: Strutture amministrative e tipologia insediativa nel Salento normanno, in B. Vetere (a cura di): Ad Ovest di Bisanzio. Il Salento Medievale, Galatina, 1990, pp 93-113.
J. Baschet: La civiltà feudale, Roma 2004.
B. Salvemini: Prima della Puglia. Terra di Bari e il sistema regionale in Età Moderna. In Storia d'Italia: le regioni dall'Unità a oggi. La Puglia. Torino 1989, pp 5-218.