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PERIEGHESIS. VIAGGIO NELLA STORIA DEL PAESAGGIO AGRARIO DEL TARANTINO

IL CLIMA E LA VEGETAZIONE DEL TARANTINO

PAROLE CHIAVE: Immagini, rural landscape history, macchia mediterranea, flora, vegetazione, clima, biocenosi, saline, fiumi, aree umide, paesaggio, storia,Taranto, Puglia, Italia meridionale

Il Clima

Il Tarantino gode delle condizioni climatiche tipiche della regione mediterranea, con accenno tuttavia alla continentalizzazione man mano che, con il crescere della altimetria, si procede verso l'interno.

Prendendo come riferimento le città di Taranto e di Martina Franca, la prima sul mare e la seconda nel cuore della Murgia a 431m.s.l.m., notiamo che la temperatura media annua scende dai 17 gradi della prima, ai poco più di 14 della seconda. Le temperature medie più elevate si riscontrano in luglio (25.9 gradi e 23.5 rispettivamente), le più basse in gennaio (9.2 e 6.4 gradi).

Analogo il comportamento delle precipitazioni, che vanno dai 445 mm annui di Taranto ai 679 di Martina Franca. In ambedue i casi il massimo di piovosità si verifica fra novembre e dicembre (fra i 60 e i 70 mm/mese di Taranto ed i 90-100 di Martina Franca), il minimo in luglio (fra i 7 ed i 15 mm, rispettivamente).

I dati medi non esprimono, tuttavia, la estrema variabilità dell'andamento pluviometrico, che può presentare deficit che si protraggono per più anni, investendo anche stagioni tradizionalmente generose, come l'autunno e l'inverno. All'opposto, eventi eccezionali possono comportare la caduta di anche centinaia di millimetri di pioggia in poche ore persino nei mesi estivi, come sta accadendo con sempre maggiore frequenza nel corso degli ultimi anni. L'unica vera costante climatica è rappresentata dalla presenza di un periodo arido, caratterizzato dalla concorrenza di precipitazioni scarse, temperature elevate e lungo irraggiamento solare: nel corso di questo la vegetazione si trova molto spesso a far ricorso delle proprie riserve idriche.

L'inizio del periodo di aridità varia molto a seconda delle annate (da marzo-aprile a maggio-giugno), concludendosi in genere fra settembre ed ottobre. L'aridità climatica va a sua volta a sovrapporsi alla aridità pedologica, dovuta alla natura calcarea del territorio.

I periodi di gelo e di neve sono costanti ma di breve durata nella Murgia, rari lungo la costa, ove tuttavia le brine possono verificarsi improvvisamente anche in marzo e finanche in aprile, con notevoli danni per le coltivazioni ed una vegetazione che ha appena ripreso la crescita dopo la pausa invernale.

La vegetazione e la storia della Terra.

Alla storia geologica del Tarantino, e della Puglia in genere, rimanda, ad esempio, un particolare raggruppamento botanico il cui baricentro distributivo comprende i Balcani ed il Mediterraneo orientale, ma che ha una isolata propaggine occidentale, più o meno ampia, proprio in Puglia. Tale areale distributivo, detto anfiadriatico in quanto interessa ambedue le sponde adriatiche, è una prova della continuità fisica intrattenuta dalla nostra regione con la penisola balcanica nel corso del Miocene medio. Prototipo di questo raggruppamento è il Fragno, la quercia tipica della Murgia.

Alla storia climatica rimandano invece numerose reminiscenze di un preesistente clima che potremmo definire di tipo subtropicale umido: questo il significato delle numerose liane dei boschi, come l'Edera, le Clematidi e la Robbia, relitti della foresta sempreverde che ricopriva tutta la regione mediterranea in un'epoca geologica caratterizzata da abbondanti precipitazioni e temperature elevate e che ha visto in contemporaneo la formazione delle gravine.

Sono infine numerose e molto complesse le interrelazioni uomo-ambiente intelligibili proprio mediante lo studio vegetazionale. Nel suo percorso storico l' Uomo si è cibato delle piante, ha bruciato legna per scaldarsi e produrre energia, ha costruito case, ha nutrito i suoi armenti, ha dissodato terre, ha introdotto nell' habitat molte specie estranee, alcune volontariamente, altre inconsapevolmente, raccogliendole dai quattro angoli della terra. Ciascuno di questi eventi ha avuto effetti, ora sottili, ora dirompenti nei confronti della vegetazione spontanea,tanto da rendere difficilmente comprensibile il mutamento dell'assetto territoriale.Non esiste, infatti, angolo recondito delle nostre gravine o dei nostri boschi in cui segni di una carrareccia incassata nel banco tufaceo, grotticelle scavate nella roccia, pozzi e cisterne non testimonino di una attiva, intensa e duratura presenza umana nel territorio.

La conseguenza ed il costo pagato sono la scomparsa pressoché completa del primitivo manto boschivo, la sua successiva regressione a ceduo, macchia o gariga, con agli alberi sostituiti da arbusti diradati e resi malconci per il pascolo intensivo, i ripetuti incendi, lo sversamento di rifiuti. Ma a questo aspetto macroscopicamente rilevabile se ne affiancano altri, più sottili, come la povertà del sottobosco e la intrusione di specie estranee, essenze in genere divenute cosmopolite grazie alla loro rapidità di moltiplicazione ed alla facile adattabilità.

In questa inedita situazione gli elementi che operano la selezione naturale dipendono, direttamente od indirettamente, dalle attività umane. Un esempio di quanto affermato può essere offerto dalle preferenze alimentari del bestiame d' allevamento, che favorisce la diffusione all'interno del fragneto di una pianta come la Ferula, la cui ingestione, viene detto in antichi testi, causa violenti coliche nei bovini, per cui questi si guardano bene dal cibarsene, ovvero piante del tutto tossiche, come gli asfodeli.

L' Uomo è giunto anche a creare dei neo-ambienti, come i campi coltivati, gli scarichi fognari, i cumuli di macerie, le pseudosteppe che occupano tratti in pendio, disboscati e soggetti a pascolo ed a ripetuti incendi.Per questo ultimo habitat occorre, tuttavia segnalare con il delicato equilibrio che ne è alla base ha dato vita ad una straordinariamente ricca biocenosi, nota come Thero-brachypodietea, oggetto di apposite direttive adottate dalla Unione Europea.

Anche lo studio vegetazionale di ambienti più propriamente naturali, come i boschi della Murgia o le gravine, non mancano di offrire analoghi spunti. Le gravine in particolare costituiscono aree estremamente interessanti per la coesistenza, in pochi metri, di ambienti affatto diversi come costoni rocciosi ed assolati, rupi umide e stillicidiose, boschi, prati aridi, siepi, pantani ed effimeri torrenti, pietraie, antichi orti e giardini abbandonati. Esse rappresentano altresì un unicum bio-climatico, ben distinto rispetto ad aree con pari profilo altimetrico: la conformazione fisica favorisce infatti il fenomeno dell'inversione termica, consentendo il rinvenimento di specie generalmente riscontrabili ad altitudini più elevate. D'altra parte fungono anche da canale di penetrazione nell'entroterra per essenze ad areale generalmente litoraneo, come il Pino d'Aleppo, che proprio grazie a queste autostrade giunge a colonizzare i banconi tufacei sin quasi nel cuore della Murgia.

La geografia vegetazionale

Nonostante quanto appena detto, la morfologia, i bioritmi e la distribuzione della vegetazione restano tuttavia in larga parte condizionati dal clima del Tarantino , con i suoi elementi così ben caratterizzati.

Non sorprende quindi come le fasce bioclimatiche che connotano la provincia jonica, ciascuna caratterizzata da distinte associazioni vegetali, risentano fedelmente delle variazioni che abbiamo segnalato avvicendarsi man mano che dal litorale ci si inoltri nell'interno.

La fascia bioclimatica litorale, più marcatamente mediterraneo-arida, è nota come Oleoceratonion ed è caratterizzata dalla associazione Olivo-Carrubo, quella intermedia (il Quercion ilicis), che giunge sino ai Monti di Martina, è dominata dal Leccio, mentre quella più interna (al di sopra del gradino murgiano), nota come Quercion pubescentis, è occupata dall'associazione Roverella-Fragno e dagli elementi del bosco mediterraneo termofilo e caducifoglio. Nella prima fascia si situa anche la vasta pineta a Pino d'Aleppo che occupa il retroduna litoraneo ad occidente della città.

Particolari nicchie ecologiche sono costituite dagli ambienti specializzati, come i litorali dunosi o rocciosi, le risorgive carsiche, i ristagni salmastri retrodunali e le poche residue paludi.

Clima e biologia vegetale

Il carattere estremo del clima mediterraneo condiziona anche il priodo e la modalità di accrescimento delle piante, che si concentra nelle poche settimane dei mesi primaverili, ma che può anticiparsi anche a fine febbraio nelle aree più calde, o protrarsi sino in maggio in quelle più fresche. Ciò grazie al fatto che solo in questo periodo coesistono i fattori essenziali, come temperature sufficientemente elevate e disponibilità idriche sufficienti.

La durata del periodo di accrescimento dipende strettamente dall'andamento pluviometrico primaverile, ed è quindi molto variabile. Se alla pausa estiva fa seguito un ritorno precoce delle piogge (entro la prima metà di settembre), può aver luogo un secondo periodo di accrescimento, generalmente più breve e più frequente, per le essenze arboree, per le specie sempreverdi.

Nelle piante erbacee, sia perenni che annuali, il ciclo di sviluppo vegetazionale va dall'autunno alla primavera: le prime resistono all'aridità perdendo la parte aerea e sopravvivendo sotto forma di gemme radicali o di formazioni specializzate come rizomi, tuberi o bulbi, onde il nome di geofite, come molte liliacee e le orchidee; le seconde affidano la sopravvivenza della specie ai semi, per cui sono denominate terofite.

Anche alcune piante arbustive hanno un comportamento analogo: la Ginestra spinosa (Calicotome spinosa) e l'Euforbia arborea (Euphorbia dendroides), ad esempio, perdono le foglie lla fine della primavera per riprendere a vegetare con l'avvento della stagione delle piogge.

La maggior parte delle piante perenni sempreverdi ed a fusto legnoso si difende dall'aridità con lo sviluppo di foglie coriacee, in grado di resistere anche ai brevi periodi di gelo. Da questo è derivata l'appellativo di sclerofille sempreverdi conferito alle essenze mediterranee più tipiche, come il Leccio, il Lentisco e l' Olivo selvatico. Altre volte si assiste, invece, allo sviluppo di foglie lineari (si pensi al Rosmarino od al Timo) o spinescente (come alcune Ononis).

Nelle aree interne, caratterizzate da un periodo di aridità più breve e meno marcato, è possibile rinvenire gli elementi del bosco caducifoglio termofilo,ove accanto agli elementi dominanti, come il Fragno (quercia semicaducifoglia) e la Roverella, vegetano Frassino da manna, Carpinella ed Acero minore. Talvolta questi ultimi costituiscono associazioni particolari, dominate ora dall' una, ora dall'altra.

Il periodo di massima fioritura (antesi) tende a spostarsi dal mese di aprile a maggio man mano che ci si inoltra nella Murgia.

Quasi a voler suggellare l' idea di seconda primavera, molte geofite (alcuni Crocus e Colchicus, lo Zafferanetto, la Scilla marittima) programmano la loro naturale fioritura in autunno. In questo periodo è addirittura possibile che abbiano una seconda fioritura specie che normalmente fioriscono in primavera.

Riferimenti bibliografici

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Umanesimo della Pietra Verde, Martina Franca, aa. 1986-1996.

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