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PERIEGHESIS. VIAGGIO NELLA STORIA DEL PAESAGGIO AGRARIO DEL TARANTINO

LA RIVOLUZIONE AGRICOLA MEDIEVALE NEL TARANTINO

PAROLE CHIAVE: immagini, rural landscape history, storia paesaggio agrario, Medioevo, feudalesimo, demani, paludi, saline, giardini, cotone, villaggi, casali, strade, chiese, Taranto, Puglia, Italia meridionale, gravine, edilizia rurale

Le premesse

Anche se le avvisaglie di una generalizzata ripresa (demografica, economica e delle condizioni sociali) esordirono molto prima della fatidica data dell'anno Mille, è negli anni successivi a questo che si parla più propriamente di Rivoluzione Agricola Medievale, fenomeno riferito a quel vasto moto di crescita dell'economia agricola che coinvolse, pur in misura molto variabile, tutta l’Europa, occidentale in particolare e che segnò il definitivo sorpasso nei confronti dell'oriente mediterraneo, che sino ad allora aveva costituito un'area civilmente più evoluta ed economicamente più florida.

Le diverse velocità della ripresa originarono perlatro una dicotomia fra aree più o meno toccate che sarebbe rimasta per tutto il prosieguo della Storia europea. Da essa prese le mosse una rinascita dello spirito urbano e la riconquista da parte della città delle direttive di sviluppo delle campagne, organizzate in un contado, legato alla città da vincoli di dipendenza e funzionali. 
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La gravina di Palagianello. conserva, in maniera pressoché intatta e scenograficamente eclatanti, le forme della Rivoluzione Agricola Medievale: intensificazione delle colture legnose ed orticole, generale ristrutturazione dell'assetto agronomico del suburbio, con la creazione di una cintura di orti e giardini, rafforzamento della rete stradale interpoderale.

Gli elementi essenziali di questa Rivoluzione possono essere riassunti nella ripresa dei moti di colonizzazione, nel miglioramento delle tecniche agronomiche e nell'ampliamento delle colture specializzate.

Il potente slancio raggiunse il suo acme probabilmente nel corso del XII secolo, si esaurì progressivamente nel secolo successivo e fu poi seguito dalla grande crisi del ‘300.

Il Tarantino, come il resto del Mezzogiorno, risentì in maniera molto attenuata della ripresa, e la crisi tardomedievale accentuò il divario con le aree che invece maggiormente si svilupparono, il Centro ed il Nord dell'Italia.

Eppure nei secoli X-XI la partita fra Nord e Sud pareva ancora tutta da giorcarsi, ad armi pari . Le cause principali di questa mancata rivoluzione del sistema furono la capillare diffusione di un regime feudale avaro e spoliatore, e la precoce affermazione di uno Stato centralizzato ed onnipresente, nonchè fiscalmente efficientissimo, che fecero abortire i forti segnali di rinascita che avevano contraddistinto gli anni successivi al Mille. A queste si aggiunsero anche gli intrinseci vincoli ecologici un'agricolatura mediterranea dagli equilibri perennemente precari fra mercantiliso ed autosufficienza,, scarsamente suscettibile di miglioramento dati i mezzi tecnologici a disposizione

Gli elementi

Nelle campagne pugliesi le novità apportate dalla ripresa medievale riguardarono nuove iniziative di bonifica, alcuni miglioramenti tecnici, come una (probabile) messa a punto dell’aratro e dell'aggiogamento degli animali, nonchè l'adozione della rotazione triennale, con la più ampia diffusione dei cereali primaverili, come l’avena, e delle leguminose (come ceci e fave). Grazie ai passati ed in ogni caso persistenti legami con l'Oriente mediterraneo si segnala inoltre l’introduzione di alcune piante tessili (gelso, lino e cotone), degli agrumi ed in genere la generalizzata espansione della oleo-viticoltura e del settore ortofrutticolo.

Si segnalano inoltre alcuni primitivi tentativi di utilizzazione della energia meccanica dei pochi corsi d'acqua per la molitura. I pochi mulini, uno dei simboli della Rivoluzione Agricola Medievale, furono generalmemente gestiti da enti monastici, e sorsero così sul fiume Chidro e Cervaro.

Date le caratteristiche del suolo pugliese, lo spietramento cosituiva, successivamente al diboscamento, un'attività preliminare o di accompgnamento alla messa in coltura delle terre. Come risultato di tale attività si è venuto a creare uno degli elementi più caratteristici del paesaggio del Tarantino, le specchie (o campostelle), cumuli di pietre disposte per lo più in serie specie lungo i confini delle proprietà, fungendo spesso come marcatore di confine fra feudi e limiti giurisdizionali; ad esse erano spesso associati anche i paretoni, ciclopici muri a secco di significato spesso incerto. Qui, in basso, il sistema di specchiedisposto lungo le coste del Monte Sant'Angelo (Statte), confine meridionale dei feudi abbaziali di Santa Maria del Galeso e di Santa Maria di Crispiano; accanto, la Specchia Scrasciosa (Manduria), forse parte di un articolato sistema difensivo messapico in funzione anti-graca. A destra ciò che resta del Paretone, che segnava il confine fra le Foreste di Taranto ed Oria ma che taluni identificano con il fantomatico Limitore dei Greci, costruito dall'imperatore bizantino Costante II (secolo VII) in funzione anti-longobarda..

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La cellula fondamentale dello sviluppo economico medievale fu il piccolo possesso contadino, derivante per lo più dalla concessione migliorativa (enfiteusi) di terre di proprietà signorile (baroni, nobili, ecclesiastici), effettuata in cambio di canoni in natura o monetari fissi; elemento essenziale fu però l'integrazione di questo con le attività connesse con l'economia dell'incolto.

I limitidella Rivoluzione Agricola Medievale

Molti furono i fattori che limitarono le prospettive offerte dalla Rivoluzione Agricola Medievale. In primo luogo ataviche resistenze culturali, le quali ritardarono la piena realizzazione di innovazioni delle tecniche agronomiche che, introdotte altrove, contribuirono al definitivo rilancio dell'agricolatura: basti citare il caso dell' avena, la cui piena introduzione nel ciclo agrario fu realizzata solo all'inizio dell'Età Moderna.

Non pare si siano verificati, del resto, nel Tarantino quei vasti processi di dissodamento: la persistenza di una struttura insediativa dominata dal popolamento sparso aveva gia definito, sin dall'Alto Medioevo, i centri di neocolonizzazione. La crescita demografica non fece altto che rafforzarne la consistenza.

Il Tarantino, del resto, non seppe liberarsi dalla perifericità rispetto ai principali flussi commerciali e mercantili cui fu ristretto sin da età tardoantica; e ciò non con riferimento solo alle realtà urbane del Centro e Nord Italia, ma neanche alle città pugliesi adriatiche, come Bari, Barletta, Trani, Monopoli e Brindisi, che sino all'XI secolo si contendevano, ancora ad armi pari, il predominio nei traffici con l'Oriente con quelle che stavano per divenire le Repubbliche marinare.

E’ significativo che le espressioni delle istanze autonomiste, sintomo genuino del moto di rinascita urbana dell'XI-XII secolo e che infiammò lecitate città, interessarono Taranto in misura molto limitata. Nonostante ciò le testimonianze documentarie della Taranto normanna sono unanimemente positive, e parlano tutte di una città ricca e commercialmente molto attiva.

L'espressione massima di questo fervore è rappresentato dalla cattedrale normanna, la più antica testimonianza del glorioso Romanico pugliese.

Insediamenti e Rivoluzione Agricola

All'apice del suo sviluppola struttura del paesaggio medievale ha suo cardine nel sistema dei casali, insediamenti accentrati aperti, costituiti anche da poche case, disseminati capillarmente all'interno di un territorio che è organizzato e concepito come contado, ambito giurisdizionale sottoposto alle prerogative ed alle esigenze di sviluppo della città.

Ognuno di questi centri costituiva a sua volta un baricentro di forze organizzatrici dello spazio, secondo un preciso schema di zonizzazione funzionale. La geografia zonale non ripeteva tuttavia lo schema degli anelli concentrici, descritto nei centri abitati del centro- e Nord-Italia. Questo prevedeva una prima fascia, prossima al centro abitato, occupato dalle colture intensive (orti, giardini, vigneti), una intermedia dominata dai seminativi, alternati o non con l'oliveto, ed una terza esterna, dominata dai pascoli e dalle terre comuni.

I segni più ecltatanti del popolamento medievale: le cisterne campaniformi, le tombe a sezione trapezoidale, la ceramica a fasce e le carrarecce

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Nel Tarantino fu invece la natura del terreno ad indirizzare le scelte colturali dei contadini, con la relativa indipendenza del fattore-distanza: così le Paludi, ampio comprensorio situato a Nord-Ovest della città, da essa relativamente distante ma con buona disponibilità idrica, vennero coltivate a vite ed a giardini, ma le aree interposte fra queste e la città, con terreni molto più superficiali e leggeri, vennero per lo più destinate alla olivicoltura.

La medesima considerazione vale anche per la costa sud-orientale, nelle aree giacenti all'interno delle forre ricche di sorgenti di acqua perenne e ben riparati ai freddi venti del Nord, ove si affermarono si affermano i celebrati giardini (verzieri) irrigui di Gandoli, San Tomai, Saturo, Tramontone, Credenzano (attuale San Francesco degli Aranci).

Strade e Rivoluzione Agricola

Lo sviluppo economico medievale fu sostenuto e come innervato dalla realizzazione di un complesso sistema stradale, organizzato secondo il modulo stellare multiplo. Questo prevedeva che da ogni centro abitato si irradiasse una miriade di strade che raggiungeva, dopo percorsi tortuosi, ogni più recondito angolo del territorio.
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L'amplissimo fascio di carrarecce presso Masseria Spartivento (Grottaglie). Poneva in connessione le due più importanti strade di lunga percorrenza della provincia: la Via Appia (a Sud) e la via regia Francavilla-Mottola (in parte inglobata nel tratturo martinese, a Nord)

La caratteristica più evidente dei percorsi medievali è nella assenza di tracciati ben marcati, tanto che, più che di strade vere e proprie, sarebbe più corretto parlare di direttrici, ampie anche diverse centinaia di metri.

Nonostante le geometrie apparentemente assurde disegnate dalle carrarecce sul bancone tufaceo, resta sempre ben rimarcata una precisa gerarchia direzionale, che riconosce la centralità della città nell'organizzazione del Paesaggio medievale. Non è quindi un caso che ogni recondito angolo del territorio fosse dotato di una strada che, a mo' di cordone ombelicale, lo collegasse con la città, residenza della grande proprietà e sede di fiere e mercati.

Riferimenti bibliografici

Atti delle giornate normanno-sveve, Roma/Bari, 1975-.
La Puglia fra Bisanzio e l’Occidente, Milano, 1980
Il passaggio dal dominio bizantino allo Stato normanno nell'Italia Meridionale, Taranto, 1977., Galatina, 1978.
La civiltà rupestre medievale nel Mezzogiorno d'Italia. Ricerche e problemi, Genova, 1975.
Jones P. J.: La società agraria medievale all’apice del suo sviluppo II: L’ Italia, in Storia Economica Cambridge: L'agricoltura e la società rurale nel Medioevo, I, Torino 1976, pp. 412-526.
Martin J. M.: Città e campagna: economia e società (secc VII-XIII), in Storia del Mezzogiorno, III: L'Alto Medioevo, Roma 994, pp. 257-382.
idem: La Pouille du VI au XII siècle, Roma, 1993.
Ugolini P.: Tecnologia ed economia agraria, in Storia d’Italia Annali I: Dal Feudalesimo al Capitalismo, Torino, 1978, pp. 375-452.
idem: Il podere nell’economia rurale italiana, ibidem, pp. 715-745.

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