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PERIEGHESIS. VIAGGIO NELLA STORIA DEL PAESAGGIO AGRARIO DEL TARANTINO

LA MASSERIA

PAROLE CHIAVE: immagini, rural landscape history, storia paesaggio agrario, Medioevo, feudalesimo, giardini, villaggi, casali, chiese, Taranto, Puglia, Italia meridionale, gravine, edilizia rurale, masserie

I precedenti

La masseria come emergenza paesaggistica non sorge improvvisamente nel passaggio fra tardo Medioevo ed Età Moderna, ma costituisce il più delle volte l'evento terminale di un lungo processo evolutivo di preesisteti strutture (a funzione agraria e no) succedutesi nell'arco di millenni. Essa stessa ha affrontato, nel corso della sua plurisecolare vita , notevoli mutamenti, sia nell'arredo edilizio che nella veste organizzativa e gestionale.

Il precedente più interessante della masseria è rappresentato certamente dalla villa rustica romana, rispetto alla quale non mancano in effetti analogie, ma anche differenze essenziali.

Le prime si basano sul fatto che molte masserie sorgono su siti occupati a suo tempo da villae, come testimoniato da riscontri archeologici (particolarmente significativi quelli relativi alla Masseria Lupoli-Crispiano) e toponomastici, in primo luogo i prediali in -ano (come Lucignano, Fogliano, Levrano, Cigliano e molti altri) o le denominazioni contenenti Villa o Casa (Villanova, Casabianca, Casa Rossa).

Le differenze sono rappresentate dal diverso indirizzo colturale (la villa privilegiava infatti la coltura specializzata della vite e dell’ olivo) e dal ricorso alla mano d’opera schiavile.

Le prime strutture produttive denominate maxariae di cui si ha notizia nel Tarantino risalgono al Medio Evo; si tratta di masserie regie, aziende pubbliche specializzate nella cerealicoltura, insistenti su territorio demaniale e gestite da un complesso e pletorico apparato burocratico. Fu proprio la presenza di tali strutture ad impedire per lungo tempo la creazione di analoghe strutture gestite da imprenditori privati.

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La masseria di San Pietro sul Mar Piccolo, per secoli appartenuta alla nobile famiglia tarantina dei Marrese, di origine angioina (se non addirittura normanna), costituisce il terminale architettonico di strutture a varia funzione e vocazione: da una villa rustica romano-imperiale ad un villaggio altomedievale almeno in parte rupestre; l'immediato precedente è però costituito da un'imponente edificio religioso, , già sede dei monaci provenienti da un'altra importante abbazia tarantina, quella dei Santi Pietro e Andrea, anticamente insediata nell'(attuale) isola di San Paolo, subito fuori il Mar Grande di Taranto.

Nascita di un sistema

La masseria nasce come chiaro superamento dell'angustia dell'ideale, tutto medievale, dell'autarchia e dell'autosufficienza.

I protagonisti di questa profonda innovazione culturale furono, in prima fila, le classi egemoni cittadine,di estrazione per lo più nobiliare se non feudale. I nuovi signori della terra si rivolsero con più o meno cospicui investimenti prevalentemente alla cerealicoltura ed all’allevamento ovino.

Il ritorno alla terra tardomedievale, premessa fondamentale per la creazione della rete masseriale, fu agevolato dal concorrere di molteplici fattori.

In primo luogo l'ampia disponibilità di terra, come conseguenza della grave crisi economica che imperversò per gran parte del ‘300, con il conseguente spopolamento di molti feudi, casali e chiese rurali.

Una quantità immensa di terra fu immessa nel mercato fondiario a seguito della frammentazione dei grandi latifondi ecclesiastici e della dilapidazione del demanio pubblico; di quegli anni è pure l'allentamento del controllo pubblico sul territorio, per cui partì lla corsa alla illecita occupazione delle terre demaniali; ultimo elemento, valido soprattutto per le aree periurbane, fu l’accorpamento di tanti microfondi contadini, incapaci di star dietro al nuovo trend.

Riassumendo, la genesi delle masserie può essere schematizzata come segue:
  • a seguito di appadronamento di terre demaniali, a partire da strutture in precario che esercitavano usi civici (lo jus serendi). Es.: Accetta, Lupoli, Monte del Duca, Vallenza;
  • da censuazione di terre provenienti dal patrimonio ecclesiastico. Es.: le masserie dei feudi di Santa Maria del Galeso e di Crispiano, cioè gran parte di quelle del territorio di Crispiano;
  • dallo sfruttamento razionale delle terre del demanio feudale (le masserie feudali). Es: Casabianca (Lizzano), Ogliovitolo, Cultura, Santa Maria e Misicuro (Grottaglie);
  • da feudi spopolati nel corso del tardo Medioevo (es.: Statte, Capitignano);
  • da chiese rurali abbandonate nel corso del Medio Evo. Es.: Sant'Onofrio (Statte), San Pietro Marrese (Taranto), Lama di Rose (Crispiano);
  • dalla frammentazione dei latifondi signorili; es.: dalla difesa della Felice (Statte) le masserie Felice, Feliciolla, Paolina, Nuova, Capocanale;
  • dall'accorpamento di microfondi, nelle aree periurbane (es. Solito, Trullo).
  • da divisioni ereditarie. Es.: Accetta piccola e grande (Statte)
  • Nascevano così, a partire dal ‘400, le prime vere e proprie masserie, avviate a divenire le strutture portanti della agricoltura mediterranea mercantilizzata.

    I siti prescelti per l'erezione delle strutture edilizie delle masserie coincisero spesso con i resti di antichi casali, insediamenti rupestri e chiese abbandonati.

    Da un punto di vista sociale l'affermazione del sistema-masseria coincise con il consolidamento di distinte élite aristocraticheall'interno dei principali centri abitati, con una nuova stagione della proprietà del ecclesiastica (sia secolare che regolare), che raggiunse proporzioni mostruose. I progetti speculativi riguardanti la terra si materializzò anche mediante la commercializzazione dei feudi.

    MontidelDuca (29K)

    La masseria Monti del Duca (Crispiano) deve il suo nome all'essere appartenuta a lungo (sin dal '600) alla famiglia Caracciolo (duchi di Martina). Questi si impegnarono molto ad ampliare la superficie oleicola, sino a conferire un colpo d'occhio molto suggestivo, di selva di olivi, alle terre dell'azienda.

    Strutture e funzioni

    In un primo momento l’indirizzo gestionale delle masserie era molto diversificato. Alcune avevano una preminente vocazione zootecnica, in relazione anche ai crescenti flussi di bestiame transumante, richiamato nel Tarantino dalla istituzione della Dogana della Mena delle Pecore, istituita dal re aragonese Alfonso il Magnanimo nel 1447.

    Erano queste le masserie di pecore, ma anche di vacche e di maiali.

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    Un discorso a parte meritano le masserie equine (aratie o cavallerizze), gestite (sino ad età aragonese) in regime di monopolio dallo Stato. Altre svilupparono un indirizzo misto, cerealicolo-pastorale, definendo così un modello complementare, al quale si uniformò, con il tempo, la maggior parte delle masserie del Tarantino.

    Le altre colture

    A partire dal ‘700 la presenza ed il peso economico della olivicoltura crebbe in maniera esponenziale anche in seno alla masseria, occupando sia i seminativi sia le aree via via conquistate alla macchia mediterranea.

    Ruolo sempre marginale vi ebbe invece la viticoltura, che presupponeva una diversa organizzazione del lavoro ed interessava contesti territoriali differenti. Laddove esistevano, i vigneti erano in genere situati in aree ben protette,per difenderli dal bestiame .

    Anche se occupava fisicamente uno spazio in genere molto ridotto, il giardino, area, in genere murata, riservata alla frutticoltura ed alla orticoltura, divenne con il tempo un componente costante; a seconda della sua grandezza poteva essere riservato al sostentamento dei lavoratori ospitati nella stessa, oppure, al contrario, rappresentare un distinto e alquanto remunerativo indirizzo colturale, gestionalmente separato dalle altre componenti della masseria.

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    La masseria di Todisco (Statte) costituiva una delle più vaste e prestigiose aziende del Tarantino. Anticamente nota con il nome di Sant'Angelo a Migliaro, sorse nel corso del '500 sui resti di un insediamento rupestre; a questo primitivo nucleo furono in seguito aggregate altre masserie contermini ed estese terre demaniali. Ad essa furono legate le vicende di alcune delle più prestigiose famiglie di Taranto, come i Marini ed i Calò (nel '700) ed i D'Ayala-Valva (fra '800 e '900), cui si deva l'attuale conformazione a castello, tardo-ottocentesca.

    La crisi

    Il secolo d'oro della masseria è certamente il Settecento. Nel corso dell’800, con la perdita dei tradizionali mercati di riferimento, inizia per essa il lento ma inesorabile declino.

    La cerealicoltura, in particolare, divenne un'attività scarsamente remunerativa, sottoposta alla concorrenza spietata delle soverchianti produzioni di oltreoceano; lo stesso accadde anche per la produzione olearia, da sempre qualitativamente inferiore rispetto a quella del Barese. La pastorizia infine accelerò il suo declino specie a seguito delle bonifiche di fine secolo.

    Fu quindi con molto favore che la galantomia rispose all'impennata di domanda di terra da avviare alla viticoltura, verificatasi a cavallo fra ‘800 e ‘900, dismettendo le rispettive masserie. Il fenomno fu particolarmente diffuso nel Tarantino litoraneo e paralitoraneo orientale. Dalle ceneri delle masserie prese così le mosse, con la massima diffusione della viticoltura jonica, una stagione di relativa, ancorchè effimera, agiatezza contadina..

    Masserie e galantuomini

    L'Ottocento consacrò il predominio incontrastato della borghesia agraria liberale, personificata dal galantuomo. Ad essa si deve l'attuale facies architettonica di molte delle masserie. Il radicale rinnovamento degli edifici era finalizzato a rendere le strutture armoniche con le nuove funzioni di rappresentanza che queste erano chiamate a svolgere.

    La stagione postunitaria rappresentò il massimo sviluppo edilizio della masseria storica: fu così che, per secoli spesso trascurate strutture di servizio, si trasformarono in prestigiose dimore. Ciò in contrappunto con i soverchianti segnali di crisi, che minavano le basi della loro esistenza.

    Le prospettive

    La moderna agricoltura industriale non ha più bisogno di una struttura fisica di coordinamento territoriale, ruolo-funzione storicamente svolto dalla masseria. Questa constatazione offre una essenziale chiave di lettura per comprendere l'attuale stato di salute delle masserie del Tarantino.

    Poche, troppo poche, costituiscono ancora quelle strutture vitali che la tradizione ci ha tramandato; ciò vale soprattutto per le aree interne, murgiane, in cui si è conservata la zootecnia intensiva.

    Alcune resistono (spesso stravolte) negli edifici, ma la loro funzione è completamente mutata, in senso residenziale o turistico-ricreativa.

    Molte, certamente troppe, giacciono in situazioni di staticità sempre più precaria sia per l'ingiuria del tempo sia per la deprecabile attività di ladri di storia che le stanno letteralmente smantellando per rivenderne mattoni, pile e chianche a complici amanti del rustico.

    Per approfondire :

    Atlante delle masserie del Tarantino

    Masserie e feudi nel Tarantino orientale (secc. XIV-XVII)

    La geografia storica delle masserie del Tarantino

    Masseria Solito. Breve storia

    Due storie esemplari

    Masseria Lella, ovvero la metafora del pre-potere..

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    La Masseria Lella (Grottaglie) costituisce un esempio molto interessante di utilizzazione ideologica di una forma architettonica. Posseduta dai Cicinelli, principe di Cursi, nonché duca di Grottaglie, si trova lungo l'itinerario percorso dai Grottagliesi, suoi vassalli,per recarsi in pellegrinaggio al santuario della Madonna della Mutata, luogo cui quella comunità era, ed è, molto legata. A tale posizione strategica si deve senz'altro l'aspetto molto severo, di vero e proprio palazzo baronale, assunto dall'avancorpo dell'edificio della masseria

    Fogliano, un sogno infranto

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    La masseria Fogliano (Crispiano) rappresenta un unicum, non solo per il suo aspetto, simile piuttosto ad un palazzo urbano, di quelli che fanno la bellezza del centro storico di Martina Franca. E' probabile, infatti, che i Ruggeri, la famiglia martinese che alla fine del '700 intraprese la ristrutturazione dell'azienda, acquistandola dal traballante patrimonio dei Marini di Taranto, intendessero promuovere la formazione di un centro abitato. Coerente con tale progetto sarebbe anche la spropositata grandezza della chiesa annessa

    Riferimenti bibliografici

    Ambrosi A.: Schemi propositivi per lo studio dell'architettura della masseria pugliese, in Contributi allo studio del paesaggio urbano e rurale della masseria in Puglia, Quaderni della Scuola di perfezionamento in pianificazione urbana e territoriale, Bari, 1983, pp. 7-20.
    Lepre A.: Feudi e masserie. Problemi della società meridionale nel '600 e '700, Napoli, 1973.
    idem: Le campagne pugliesi nell’Età Moderna, in La Puglia tra Medioevo ed Età Moderna. Città e campagna, Milano, 1981
    R. Licinio: Masserie medievali, Bari, 1998.
    A. Massafra (a cura di): Problemi di storia delle campagne meridionali nell'Età Moderna e contemporanea, Bari, 1981.
    Mongiello L.: Le masserie di Puglia, Bari, 1984.
    D'Alessandro V.: In Sicilia: dalla massa alla masseria, in Meddioevo rurale. Sulle tracce della civiltà contadina, Bologna, 1980

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